Dati i tempi, la parola “confraternita” non gode di buona stampa. La si associa volentieri all’idea di società segreta o di setta. Si pensa tra l’altro alle confraternite di obbedienza islamica (in effetti, più spesso non ortodosse in rapporto all’islam ufficiale), che si appellano generalmente al sufismo e praticano una religiosità immanente, spontanea e talvolta violenta. Si possono inoltre evocare le società dei marabutti dell’Africa occidentale che, tramite l’intermediazione di iniziati, ricorrono alla magia e si arrogano il diritto di influenzare il destino degli uomini “lanciando dei sortilegi”.
Dati i tempi, la parola “confraternita” non gode di buona stampa. La si associa volentieri all’idea di società segreta o di setta. Si pensa tra l’altro alle confraternite di obbedienza islamica (in effetti, più spesso non ortodosse in rapporto all’islam ufficiale), che si appellano generalmente al sufismo e praticano una religiosità immanente, spontanea e talvolta violenta. Si possono inoltre evocare le società dei marabutti dell’Africa occidentale che, tramite l’intermediazione di iniziati, ricorrono alla magia e si arrogano il diritto di influenzare il destino degli uomini “lanciando dei sortilegi”.
Bisogna mettere completamente da parte queste concezioni per comprendere cos’è oggi una confraternita cattolica in una Sardegna moderna: sapere semplicemente che ogni uomo può essere confratello se lo desidera, a condizione che sia battezzato, presentato da un padrino per l’occasione, e che naturalmente la sua reputazione non sia macchiata da qualche grave colpa.
Per la Chiesa cattolica, le confraternite sono state in ogni tempo degli intermediari efficaci per promuovere il culto cristiano e animare alcune pratiche liturgiche. Si sono dunque stabiliti tra la chiesa e la società civile e rurale dei legami complessi, costruiti nel corso di una lunga storia: le prime confraternite risalirebbero al XII secolo e, in Sardegna, agli inizi del XIV.
Si può sommariamente riassumere la situazione dicendo che, per la Chiesa, i confratelli sono stati (e sono ancora) dei Cristiani eccellenti, cosa che accorda loro alcuni privilegi simbolici.
“Cristiani eccellenti”, è senza dubbio così che i confratelli considerano se stessi. Ma sono anche, e nello stesso tempo, una piccola società di uomini, preoccupati di creare le proprie norme cultuali, culturali e sociali, una società che tiene a preservare la sua libertà attraverso l’esistenza e il rispetto di specifici statuti [nota 1].
[RIMANDO AL TESTO DELLA COSTITUZIONE ATTUALE DELL’O.S.C.].
A Castelsardo (ma non è la regola in tutta la Sardegna), questa piccola società si è dedicata a sviluppare delle pratiche che si possono ben definire “artistiche”, e in primo luogo il canto sacro.
Queste due concezioni della confraternita (braccio secolare della Chiesa e società di uomini cristiani e liberi) si ritrovano nell’uso delle parole.
E allorché la Chiesa parla dei “suoi” confratelli, questi parleranno più volentieri del “loro” Oratorio, indicando con questa parola il gruppo confraternale, ma anche le sue regole e le sue pratiche. Più comodamente ancora, si definiranno come “quelli di Santa Maria”, riferendosi con questa parola alla piccola chiesa di Santa Maria delle Grazie che l’istituzione ha acquistato agli inizi del secolo scorso: è la in effetti che si riuniscono e fanno le loro cose, a un centinaio di metri dalla magnifica cattedrale che domina il mare, e della quale è parroco da più di 30 anni l’eccellente Don Usai.
[RIMANDO A FOTO]
[nota 1 = sembra tuttavia che le prime costituzioni confraternali siano assai recenti e risalgano al XIX secolo (cfr. Antonio Virdis, Sos Battùdos, Movimenti religiosi penitenziali in logudoro, Sassari, l’asfodelo 1987).]